Ceruti srl: Antonio Ceruti

Oggi, mio caro lettore, ho il piacere di proporti l’intervista che ho fatto ad Antonio Ceruti, il fondatore di Ceruti srl e padre di Monica e Sabrina che ho intervistato in precedenza (leggi qui e qui).

Buona lettura!

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Quanti anni ha e dove abita?

Ho 76 anni e vivo ad Arese in provincia di Milano.

Qual è stato il suo percorso di studi?

Ho iniziato a lavorare che ero molto giovane, a 14 anni.

Ho, però, frequentato le scuole serali di grafica, all’accademia delle Belle Arti di Brera a Milano e un corso di fotografia per 3 anni, sempre a Milano.

Prima della nascita della sua azienda che lavori ha svolto e cosa ha imparato da queste esperienze lavorative che le è servito per far crescere la sua realtà?

Ho lavorato per quasi dieci anni come fotografo/grafico a Milano e queste esperienze hanno fatto crescere in me la passione per l’architettura e il design d’interni.

Questi interessi li ho potuti poi sviluppare lavorativamente nella mia attività, iniziando a rivendere pavimentazioni e rivestimenti per ambiti residenziali e commerciali.

Come e quando nasce Ceruti srl?

Nasce nel marzo del ’74 quando io e mia moglie Rita decidemmo che il settore delle pavimentazioni, soprattutto moquette, era quello giusto dove iniziare ad investire.

Decidemmo di aprire il nostro primo magazzino ad Arese e di intraprendere varie collaborazioni con produttori nazionali ed europei per rivendere e installare vari tipi di pavimentazioni.

Da lì, poi, sono passati 49 anni e dopo molti cambiamenti strutturali, e anche di sede siamo ancora qui, forse la nostra decisione iniziale non era del tutto errata.

Quali sono state le tappe fondamentali della storia di Ceruti srl?

Nei vari anni abbiamo ampliato la rivendita dei nostri prodotti, abbiamo inserito il reparto colori, pitture ed accessori e abbiamo ampliato il nostro portfolio clienti, soprattutto, per fornitura e posa pavimenti in PVC specifici per aziende farmaceutiche ed ospedaliere.

Negli ultimi anni abbiamo anche investito nel digitale e abbiamo creato il nostro e-commerce in cui vendiamo quasi tutti i prodotti presenti in azienda e spediamo in tutta Italia.

Attualmente, che ruolo ricopre in Ceruti srl?

Sono ancora in carica come Presidente della Ceruti Srl, sono presente in azienda quotidianamente, ma ricopro un ruolo puramente di consulenza sull’attività cantieristica.

Come e quando è avvenuto il passaggio generazionale?

In realtà non è ancora avvenuto, io e mia moglie siamo i soli due soci dell’azienda.

Le mie figlie, però, ormai ricoprono ruoli direzionali, lavorano da anni in azienda e a breve faranno parte del board.

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A questo punto, mio caro lettore, non mi resta che salutarti e darti appuntamento al prossimo post.

E ricordati:

Sii indipendente, reinventati e fai la differenza!

Federico

Ceruti srl: Monica Ceruti

Oggi, mio caro lettore, ho il piacere di proporti l’intervista che ho fatto a Monica Ceruti di Ceruti srl, sorella di Sabrina che ho intervistato in precedenza (leggi qui).

Si tratta della prima volta, dopo più di novanta interviste, che riesco ad intervistare due sorelle che lavorano nella medesima azienda.

Due sorelle il cui destino sarà quello, un giorno, di guidare l’impresa di famiglia.

Ritengo il fatto che ci siano sempre più donne alla guida delle nostre PMI una cosa positiva, visto che questa tipologia di azienda compone l’ossatura industriale del nostro Paese.

Infatti, ciò è indice di una società che si sta aprendo sempre di più al contributo delle donne, riconoscendone il ruolo fondamentale anche al di fuori della famiglia.

Certamente, c’è ancora molto da fare.

Ma ormai la strada è segnata e da qui non si torna più indietro.

Buona lettura!

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Quanti anni hai e dove abiti?

Abito a Milano e ho 36 anni.

Qual è stato il tuo percorso di studi?

Liceo Scientifico a indirizzo linguistico e laurea in Pubbliche Relazioni – Iulm Milano.

Qual è stato il tuo percorso professionale prima di entrare in Ceruti srl e che cosa ti ha
insegnato
?

Prima di arrivare a lavorare nell’azienda di famiglia ho avuto esperienze nel campo delle
pubbliche relazioni, eventi e sales.

Ho vissuto per circa 1 anno e mezzo a New York dove ho lavorato come stagista presso
un’organizzazione di eventi e, successivamente, in uno showroom multi-brand di abbigliamento.

Quando sono rientrata in Italia ho iniziato subito un’esperienza lavorativa presso un’azienda che
produceva manichini per le aziende di moda. Qui mi sono occupata delle pubbliche relazioni e di marketing per i primi 4 anni e per altri 2 della parte sales.

Lavorare all’estero e in settori diversi mi ha aiutato a sviluppare le mie competenze in abito marketing e
sales e, di conseguenza, ad apportare alcuni cambianti anche all’interno di Ceruti Srl.

Come e quando sei entrata in Ceruti srl?

Dopo le mie varie esperienze lavorative ho deciso di entrare nell’azienda di famiglia per iniziare a sviluppare la parte digitale, soprattutto l’e-commerce.

Attualmente, quale ruolo ricopri in Ceruti srl?

Molti ruoli, non essendo una grande realtà, ma posso definirmi Digital e Marketing Manager.

Com’è lavorare nell’azienda di famiglia?

Ci sono aspetti positivi e negativi, come in tutti i lavori.

Sicuramente, dedicarsi con impegno al lavoro e raggiungere gli obiettivi prefissati è una soddisfazione
maggiore, ma ogni tanto si possono sovrapporre le dinamiche familiari e a quelle lavorative.

Quali problemi hai incontrato nell’inserirti nell’attività di famiglia?

Un po’ di fatica a far comprendere ai miei genitori i cambiamenti che devono essere intrapresi per
riuscire a crescere ogni anno.

Tutte le aziende devono avere una fase di evoluzione e cambiamento alla cui base ci devono essere continui investimenti mirati.

Ovviamente, questi investimenti sono diversi rispetto a quelli di 40 anni fa quando i miei genitori
iniziarono la loro attività.

Quali innovazioni hai portato in azienda?

Cambiamenti in ambito digitale e lo sviluppo del nostro e-commerce che ogni anno ci dà sempre
più soddisfazioni e dove vogliamo investire sempre di più.

Come vedi Ceruti srl da qui a 5 anni?

Sicuramente, ci sarà una crescita di fatturato in ambito e-commerce, ma anche un cambio di sede con
l’ampliamento dello showroom per attirare non più solo privati, ma anche architetti e designer del
settore.

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A questo punto, mio caro lettore, non mi resta che salutarti e darti appuntamento al prossimo post.

E ricordati:

Sii indipendente, reinventati e fai la differenza!

Federico

Ceruti srl: Sabrina Ceruti

Oggi, mio caro lettore, ti propongo l’intervista fatta a Sabrina Ceruti di Ceruti srl, una di quelle PMI su cui si regge il nostro sistema Paese.

Buona lettura!

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Quanti anni hai e dove abiti? 

Vivo in provincia di Milano e ho 47 anni.

Qual è stato il tuo percorso di studi? 

Mi sono laureata in Pubbliche Relazioni e ho poi frequentato un Master in Marketing e Comunicazione.

Successivamente, ho seguito dei corsi serali di arte presso la NABA Milano.

Qual è stato il tuo percorso professionale prima di entrare in Ceruti srl?  

Prima di iniziare a lavorare presso l’azienda di famiglia ho fatto uno stage da Young & Rubicam, l’agenzia di Pubblicità, e uno da IT Holding.

Che cosa ti ha insegnato?

Lavorare alle dipendenze di altri permette di capire quanto sia competitivo il mondo del lavoro. 

Però preferisco sicuramente gestirmi in maniera indipendente e pensare in modo strategico per un’azienda di famiglia in cui la responsabilità è tanta, ma anche la libertà di fare progetti.

Quando sei entrata in Ceruti srl? 

Ho iniziato circa 18 anni fa. 

Attualmente, quale ruolo ricopri in Ceruti srl? 

Sono responsabile vendite all’interno dell’azienda.

Com’è lavorare nell’azienda di famiglia?

A volte è complesso trovare un equilibrio tra dinamiche familiari e lavorative, ma è sicuramente stimolante e creativo.

Quali problemi hai incontrato nell’inserirti nell’attività di famiglia? 

I miei genitori sono soci all’interno dell’azienda e arrivare in una struttura in cui ci sono già metodologie sedimentate da tempo non è facile.

Bisogna credere nelle proprie idee e farsi valere, rispettando comunque il lavoro già fatto in passato.

Quali innovazioni hai portato in azienda? 

Ho cercato di gestire in modo più rapido i sopralluoghi, stabilendo meglio le priorità e gli appuntamenti più urgenti.

Da quando è entrata in azienda anche mia sorella sono stata molto più motivata a portare innovazioni di vario genere per aumentare la clientela e il giro di affari.

Come vedi Ceruti srl da qui a 5 anni? 

Immagino la nostra sede in una posizione più strategica e visibile. 

Uno sviluppo costante del sito ecommerce, nuove collaborazioni con i fornitori e nuovi progetti creativi.

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A questo punto, mio caro lettore, non mi resta che salutarti e darti appuntamento al prossimo post.

E ricordati:

Sii indipendente, reinventati e fai la differenza!

Federico

Lunatica Milano: Alessandro Gorla

Oggi, mio caro lettore, potrai conoscere l’altro volto che sta dietro al successo di Lunatica Milano, Alessandro Gorla.

Questo brand totalmente made in Italy, nato nel 2013, si focalizza principalmente sulla creazione artigianale di gonne con un gusto retrò anni ’50, reinterpretate in chiave contemporanea come, ad esempio, la gonna svasata corta London.

Se ti sei perso l’intervista alla sua socia Silvia Mattje, direttrice creativa del brand, non ti preoccupare la puoi recuperare qui.

Buona lettura!

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Quanti anni hai e dove abiti? 

Ho 48 anni e abito a Lissone (MB).

Qual è stato il tuo percorso di studi?

Alle superiori ho frequentato un istituto tecnico aziendale.

Dopodiché mi sono iscritto a Disegno Industriale al Politecnico di Milano, laurea di 5 anni.

Infine, ho fatto un Master in Design degli Elettrodomestici.

Qual è stato il tuo percorso professionale prima di creare il brand Lunatica Milano?

Ho lavorato per alcuni studi di design di Milano per una decina di anni. Poi, per altri 5 anni, come libero professionista.  In seguito ho conosciuto Silvia e abbiamo iniziato praticamente subito questo progetto.

Attualmente, quale ruolo ricopri in Lunatica Milano? 

Sono assieme a Silvia co-founder di Lunatica, seguo la parte commerciale e supervisiono la produzione.

Come avete scelto tu e Silvia il brand name Lunatica Milano?

Abbiamo scelto Lunatica perché, secondo noi, in maniera ironica rappresenta quella donna che cambia umore molto frequentemente.

Lunatica Milano propone un’ampia varietà di colori e grafiche che possono soddisfare il mood del momento.

Come sono stati gli inizi?

Sono stati anni molto impegnativi. Abbiamo dedicato la maggior parte del tempo a far sì che il nostro progetto prendesse forma e diventasse una concreta realtà nel mondo del fashion.

Abbiamo iniziato da zero con una macchina da cucire, tante idee e buona volontà.

Diciamo che la perseveranza è una delle nostre migliori qualità.

Quali mercati coprite, oltre all’Italia?

Germania, Austria, Svizzera.

Quali canali di comunicazione sfruttate per promuovere il brand?

Usiamo principalmente Instagram.

Come promuovete il brand Lunatica Milano?

Attraverso i social.

Quali canali di distribuzione usate per vendere i vostri prodotti?

Sfruttiamo solo il canale online.

Come vedi Lunatica Milano da qui a 5 anni?

Stiamo pianificando di espandere la nostra presenza internazionale oltre l’Europa e di diversificare la nostra gamma di prodotti per soddisfare le crescenti esigenze delle clienti.

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A questo punto, mio caro lettore, non mi resta che salutarti e darti appuntamento al prossimo post.

E ricordati:

Sii indipendente, reinventati e fai la differenza!

Federico

Lunatica Milano: Silvia Mattje

Con oggi, mio caro lettore, torno a riproporre il format delle interviste che so essere molto apprezzato da chi segue questo blog.

Parto con l’intervista a Silvia Mattje, fondatrice assieme ad Alessandro Gorla (leggi qui l’intervista che gli ho fatto, n.d.r.), di Lunatica Milano.

Brand italiano, nato nel 2013, che si focalizza principalmente sulla creazione artigianale di gonne con un gusto retrò anni ’50 come, ad esempio, le gonne svasate reinterpretate in chiave contemporanea.

Buona lettura!

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Quanti anni hai e dove abiti? 

Ho 41 anni e vivo a Pontesesto, una frazione di Rozzano (MI).

Qual è stato il tuo percorso di studi?

Ho studiato al Liceo Linguistico.

Qual è stato il tuo percorso professionale prima di creare il brand Lunatica Milano?

Ho avuto diverse esperienze lavorative nell’ambito della moda precisamente in vari showroom di Milano: Jil Sander, Trussardi , Ralph Lauren. Dopodiché ho aperto una sartoria.

Attualmente, quale ruolo ricopri in Lunatica Milano?

Sono la Direttrice creativa e la modella che vedete su Instagram.

Come hai incontrato il tuo socio Alessandro?

Ad un compleanno di una mia amica spagnola, che abbiamo in comune.

Che cosa vi ha spinto a creare insieme Lunatica Milano?

Io ho esperienza nel mondo della moda, lui nel modo del design.

Ci siamo conosciuti e abbiamo scoperto di avere un obiettivo in comune, creare qualcosa di nostro.

Da quel momento abbiamo unito le nostre forze e siamo partiti a testa bassa.

Qual è il vostro capo più venduto e iconico?

La gonna a pieghe.

Le gonne Lunatica sono espressione di eleganza, originalità e artigianalità.

Ogni capo è fatto con tessuti esclusivi e di alta qualità come il jacquard, il mikado, il saten o la seta e, a seconda del modello, è arricchito da raffinati fili di Lurex.

Il design delle gonne è unico e distintivo: una vita aderente e una gonna ampia e svasata dal classico taglio midi, impreziosita da stampe originali e insolite.

Chi è la cliente tipo di Lunatica?

Realizziamo gonne esclusive per una donna non convenzionale, che vuole ritrovare nel must dell’abbigliamento femminile – la gonna – finalmente un capo fuori dal banale coro dell’industrializzazione e attraverso il quale esprimersi totalmente.

Lunatica Milano è un brand concepito, creato e realizzato per la dama moderna che non accetta compromessi ed è pienamente consapevole che è unica. Proprio come la sua gonna.

Come nasce il prodotto “Lunatica Milano”?

La procedura è la seguente:

1) studio di grafiche sempre nuove;

2) ricerca di tessuti con lavorazioni particolari. Sempre in zona Como/ Lecco (made in Italy);

3) una volta scelti facciamo i prototipi per verificare che il tessuto lavori bene sui nostri modelli;

4) Dopodiché si passa alla produzione nei nostri laboratori in provincia di Milano;

5) L’unica strada he possiamo seguire è il 100% made in Italy per via della concorrenza.

Qual è la vostra missione?

Il nostro scopo è quello di realizzare capi di qualità che resistano al tempo e che offrano alle nostre clienti un valore duraturo.

Vogliamo incoraggiare l’autoespressione attraverso i nostri prodotti, aiutando le donne a sentirsi bene con sé stesse.

Desideriamo essere presenti nei momenti importanti della loro vita, fornendo capi adatti per occasioni speciali come matrimoni, feste e compleanni.

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A questo punto, mio caro lettore, non mi resta che salutarti e darti appuntamento al prossimo post.

E ricordati:

Sii indipendente, reinventati e fai la differenza!

Federico

Come scegliere il giusto brand name

Oggi ti parlerò di come scegliere il giusto brand name per il tuo prodotto o servizio oppure la tua azienda.

Quando si vuol lanciare sul mercato un nuovo prodotto/servizio o un nuovo business una delle prime attività che, di solito, si mette in campo è la ricerca del giusto brand name.

Personalmente, nel fare l’attività di naming seguo i seguenti criteri:

1) Cerco un nome che sia semplice da pronunciare al telefono e da ricordare.

I motivi di questa scelta sono essenzialmente 2:

  • Facilitare il passaparola.
  • Posizionare, facilmente, il nome nella testa dei potenziali clienti.

2) Prediligo nomi di fantasia nati dall’unione di due parole.

N. B.: Ti consiglio di usare una parola sola per il tuo brand name ma se proprio non ci riesci non andare oltre le 3 parole.

3) Non prendo come riferimento solo l’italiano o l’inglese ma allargo i miei orizzonti al maori, al latino, all’hawaiano, al giapponese o altre lingue.

  • In questo caso sto molto attento al fatto che il brand name scelto sia coordinato coi valori che voglio veicolare e che sono stati definiti in precedenza al momento della creazione della Vision e della Mission.
  • Se hai intenzione di espanderti all’estero controlla che il termine scelto non risulti ridicolo, come Inculator termine usato negli USA per indicare gli incubatori-acceleratori, o ancora peggio sia una parola offensiva nella lingua locale della nazione in cui vuoi sbarcare.
  • Se non sai che pesci pigliare per trovare il tuo brand name puoi sempre usare un tool come Name Mesh o NameRobot oppure Naminum:

https://namemesh.pro/

https://www.namerobot.com/

https://naminum.com/

4) Una volta scelta una rosa di nomi per prima cosa vedo se i domini per quei nomi sono liberi oppure se sono in vendita e il loro prezzo.

Ho visto molto spesso progetti imprenditoriali partire con un brand name che piaceva tanto al titolare del progetto che, poi, non poteva essere usato in Internet poiché il relativo domino .it o .com era già stato preso da altri e il cui prezzo era così alto che non aveva senso acquistarlo.

Con tempo e soldi buttati via.

5) Vedo la disponibilità degli username sui social media. Usa questo tool per farlo:

Questo è molto importante visto che i social sono essenziali per la comunicazione del proprio Brand e la costruzione della propria Awareness.

La guerra per i talenti

A causa dell’inverno demografico che sta vivendo da diversi anni il nostro Paese siamo giunti al punto critico in cui imprese e startup si fanno la guerra per i talenti, ovvero i lavoratori con le competenze e le soft skill migliori.

Non ci deve ingannare il fatto che il tasso di disoccupazione e il numero dei NEET (persone che non hanno un lavoro e non si stanno formando, n.d.r.), in Italia, sono ancora alti, anche se in calo come dicono le ultime statistiche dell’ISTAT.

Infatti, le avvisaglie ci dicono che siamo di fronte a un problema che nei prossimi anni sarà sempre più acuto.

E questo ribalta il rapporto di forza tra datori di lavoro e lavoratori a favore di questi ultimi.

I talenti avranno un potere negoziale sempre più alto.

Ce poco da fare.

La legge della domanda e dell’offerta a questo riguardo è molto chiara.

Quando all’interno di un mercato (in questo caso quello del lavoro) un bene scarseggia il prezzo per acquistarlo aumenta.

Quindi i lavoratori con i talenti e le competenze più richieste dal mercato non solo si faranno pagare di più ma pretenderanno di lavorare alle loro condizioni.

Saranno liberi dal ricatto che ha condizionato la vita professionale di molti dei loro nonni e genitori.

Parlo della tristemente nota affermazione: “O accetti le mie condizioni oppure quella è la porta. Tanto là fuori è pieno di persone in cerca di un lavoro”.

Prepararsi alla guerra

Visto che la tendenza di fondo è questa e andrà sempre peggio, lamentarsi della mancanza di persone disposte a lavorare risulta inutile.

I datori di lavoro più avveduti lo sanno e stanno già correndo ai ripari modificando la loro organizzazione aziendale.

Quelli che possono hanno iniziato a utilizzare in modo massiccio, come fattore di attrattività, il lavoro da remoto e a misurare le prestazioni lavorative dei loro collaboratori non più in base al numero di ore lavorate ma alla luce degli obiettivi raggiunti.

Ovviamente, non tutte le imprese e le startup possono permettersi di avere l’intero staff in smart working.

Per questo motivo, le attività che non possono adottare un modello d’impresa liquido garantiscono ai talenti benefici diversi in grado di attirare l’attenzione di tutti coloro che sono in cerca di un posto di lavoro in linea con le proprie aspettative di qualità della vita.

A volte basta poco.

Ad esempio, un noto supermercato dando la possibilità ai suoi cassieri di lavorare solo venerdì, sabato e domenica sta battendo, nella ricerca del personale, i suoi concorrenti che hanno un modello di organizzazione del lavoro vecchio stampo.

Il modello di lavoro di questa sua offerta è senz’altro in linea con le esigenze di vita di studenti universitari che vogliono studiare e, contemporaneamente, garantirsi delle entrate in modo da non pesare troppo sulle spalle della famiglia.

Tra l’altro non è detto che questi studenti, una volta laureati, si licenzino per cercare un lavoro diverso.

Alcuni, infatti, potrebbero decidere di rimanere in azienda per far carriera al suo interno.

Altre soluzioni per risultare attrattivi agli occhi dei talenti possono essere queste:

  • La creazione di un brand dalla forte identità di marca in modo da essere attrattivi nei riguardi di coloro che risuonano con i valori promossi dall’azienda.
  • Fare proprio, almeno, uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile presenti nell’agenda 2030 delle Nazioni Unite.
  • Sviluppare una cultura aziendale inclusiva e intergenerazionale.

Conclusioni

In Italia, imprese e startup stanno per dar vita a una battaglia senza esclusione di colpi per assumere i talenti necessari per far crescere e portare al successo le loro organizzazioni.

Per prevalere sui concorrenti si possono adottare varie soluzioni, oltre a quella di offrire stipendi più alti.

Infatti, specie per le nuove generazioni di lavoratori, quest’ultimo fattore condiziona in maniera minore rispetto a un tempo la loro scelta di un posto di lavoro.

Tanti altri elementi fanno pendere la decisione a favore di un’azienda rispetto che ad un’altra.

Dopo la fine della pandemia le priorità personali sono cambiate.

Se a questo si aggiunge il calo demografico che affligge la nostra nazione, si capisce perché ora il coltello dalla parte del manico ce l’hanno i lavoratori.

Per questo motivo, adottare, fin da ora, una cultura aziendale o modalità di organizzazione del lavoro differenti rispetto a quella tradizionale oppure avere un brand forte possono dare alle attività in cerca di personale un importante vantaggio competitivo nella conquista dei cuori e delle menti dei migliori talenti presenti nel mercato del lavoro.

Le 3 tipologie di aspiranti lavoratori autonomi

A causa della mia professione di Business Designer, nel corso degli anni, sono venuto in contatto con diversi aspiranti lavoratori autonomi che ho classificato in tre tipologie.

Il kamikaze

Il kamikaze è per sua natura incosciente.

Per questo motivo apre la partita Iva senza riflettere sui possibili rischi della sua azione.

Solitamente, ha una vaga idea dell’attività che andrà a svolgere ma non ha chiari tutti i passaggi necessari per avere un business economicamente sostenibile e duraturo nel tempo.

Le probabilità che vada a schiantarsi sono alte.

Però, se riesce a sopravvivere, vista la sua forte propensione al rischio può ottenere grandi successi.

L’avveduto

L’avveduto è colui che ha validato sul mercato la sua idea di business e prima ancora di aprire la partita Iva ha già venduto, in modalità Black Panther, il suo prodotto o servizio oppure ha acquisito diversi preordini.

Avendo una certa traction non avrà grossi problemi, una volta regolarizzata la sua posizione fiscale, a portare avanti la sua attività e a scalarla.

Il perfezionista

Il perfezionista tende a procrastinare all’infinito l’apertura della partita Iva e, nel frattempo, lavora in modalità Black Panther.

La scusa con cui si autoassolve è la seguente: “Appena guadagnerò abbastanza mi metterò in regola. Adesso, tra la spesa del commercialista e le tasse non mi rimarrebbe in mano nulla. Quindi non ha proprio senso”.

Nel mentre, passano gli anni e lui rimane sospeso nel limbo dei dilettanti anche se si ritiene un professionista (degno di rispetto).

Conclusione

Aprire partita Iva in Italia richiede una certa dose di coraggio a causa della complessità del nostro sistema paese.

Però, superati gli inevitabili ostacoli, diventa un’avventura incredibilmente appassionante che può dare grandi soddisfazioni.

Mettersi in regola fin da subito ha sì dei costi iniziali, ma ti elimina lo stress di incappare in un controllo e cosa ancora più importante ti obbliga a gestire l’attività con grande attenzione.

Chi non lo capisce ha solo paura di confrontarsi lealmente con tutti gli altri concorrenti presenti sul mercato.

L’importanza di avere un Big Why

Avere un Big Why (un Grande Perché) alla base delle tue azioni di imprenditore o libero professionista ti dà un grosso vantaggio competitivo nei confronti di tutti coloro che non ce l’hanno.

Alcune volte, esso risuona, talmente, forte dentro di te che farlo emergere è molto facile.

Un gioco da ragazzi.

Esso sgorga, prepotentemente, come l’acqua di una sorgente e tu non dovrai far altro che metterlo per iscritto in modo da averlo sempre sotto il tuo sguardo, perché sarà la fiammella che alimenterà la tua speranza e ti permetterà di andare avanti, nonostante, le avversità.

Altre volte, invece, come è capitato a me, si pensa di averlo trovato, ma una voce interiore ti dice che manca qualcosa e che devi andare più in profondità per farlo emergere.

Oppure, più semplicemente, si fa fatica a trovarlo.

COME TROVARE IL PROPRIO BIG WHY

Ci sono vari modi per far emergere il proprio Big Why.

Tra questi vi sono la meditazione, il coaching, lo yoga e l’otium.

Quest’ultimo è quello che mi ha permesso di trovare dopo una lunga ricerca il mio Grande Perché.

Ho scritto otium e non ozio poiché nell’accezione latina la parola ha un senso positivo.

Infatti, sottintende un utilizzo del tempo libero dal lavoro che prevede, oltre al riposo, l’esercizio di attività fisiche, contemplative e di studio.

Molto spesso a contatto con la natura.

E quindi ha un’accezione diversa rispetto al significato che, comunemente, la cultura popolare italiana attribuisce al termine ozio, cioè padre di tutti i vizi.

Inoltre, l’otium porta nella vita di chi lo pratica anche quella sana noia che è alla base dell’epifania (ovvero: apparizione, manifestazione, rivelazione).

Quel momento improvviso in cui tutto è ti chiaro.

Nel mio caso è avvenuto così.

Non stavo riflettendo sul mio Big Why.

Non lo stavo cercando in maniera attiva.

E proprio in quel momento è apparso nella mia mente.

Chiaro e semplice nella sua magnifica evidenza.

Il mio Big Why è…

Creare il maggior numero possibile di posti di lavoro.

Infatti, fin da adolescente ho capito che il lavoro, oltre a permettere all’individuo di realizzare sé stesso, dona dignità alle persone ed è quell’elemento che accresce l’autostima di una donna o di un uomo conferendogli un posto e un’identità all’interno del consesso sociale in cui vive.

CONCLUSIONI

Alla luce di quanto ho scritto in questo post il mio invito è quello di metterti a riflettere sul tuo Big Why.

Non è un lavoro introspettivo facile e veloce.

Richiede molto tempo e un’immersione profonda nella propria coscienza.

Ma ne vale la pena.

Fidati!

Poiché il dono che porta con sé è grande.

Ovvero quella potente forza che ti fa alzare ogni mattina col sorriso poiché sai che il lavoro che farai durante l’intera giornata farà la differenza nella vita di qualcun altro e sarà un mattoncino nel cambiamento positivo che porti in dono al mondo.

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A questo punto, mio caro lettore, non mi resta che salutarti e darti appuntamento al prossimo post.

Ma prima di lasciarti ti invito, se hai un progetto da lanciare o un business da rilanciare poiché in sofferenza, a richiedere una consulenza GRATUITA di 30 minuti con me e, se ti è piaciuto e lo hai trovato utile, a condividere questo articolo coi tuoi amici. Grazie!

E ricordati:

Sii indipendente, reinventati e fai la differenza!

Federico

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CHI SONO

Mi chiamo Federico Chigbuh Gasparini e sono un Business Designer Freelance.

La mia attività consiste, principalmente, nel progettare piani strategici aziendali e modelli di business che hanno come obiettivo quello di lanciare oppure rilanciare, attraverso un approccio “marketing first”, i Business dei miei clienti.

TEMPO DI BILANCI

Il periodo compreso tra la fine dell’anno vecchio e l’inizio di quello nuovo, da sempre, è tempo di bilanci.

Il 2022 da un punto di vista economico per la mia attività è andato bene.

Ho incassato il 70,55% in più rispetto al 2021.

Quindi non mi posso lamentare.

Nonostante ciò ho deciso di apportare dei grossi cambiamenti nella mia vita professionale a partire dal primo gennaio 2023.

TEMPO DI CAMBIAMENTI

La decisione di cambiare qualcosa nel mio lavoro è maturata piano piano.

C’era in me un disagio latente che ogni giorno si faceva più forte.

Ho provato a contenerlo facendo ricorso alla razionalità, ma non c’è stato nulla da fare.

Per questo motivo, a dicembre, ho messo fine a una partnership che andava avanti da 7 anni e 4 mesi.

Un’esperienza molto bella che mi ha dato molto sia da un punto di vista economico che di amicizia e crescita professionale.

Però, l’ambito in cui operavo, col passare del tempo, era diventato sempre più angusto. Non mi dava più stimoli.

Quindi, seguendo il saggio consiglio datomi dal mio attuale commercialista tempo fa, quando gli avevo raccontato della mia difficoltà a proseguire la collaborazione in questione, ho comunicato, con largo anticipo, la mia decisione al titolare dell’azienda di cui ero partner e gli ho presentato un valido sostituto in modo da non causargli un problema.

Inoltre, gli ho dato la mia disponibilità ad affiancare la nuova risorsa per facilitare il suo inserimento e renderla velocemente operativa.

Ove possibile, se come me sei un freelancer, ti suggerisco di fare lo stesso quando metti fine a un rapporto di lavoro che dura da tanto tempo.

Ne gioverà la tua immagine di professionista e i rapporti tra le parti si manterranno ottimi.

Cosa che in futuro potrebbe ritornare utile.

Oltre a ciò ho deciso di ridimensionare il mio impegno in altri due progetti a cui, da circa quattro anni, dedicavo il mio tempo, mentre il difficile periodo di crisi economica, che stiamo vivendo a causa della guerra tra Russia e Ucraina, ci ha messo del suo mettendo fine a un bel progetto a cui lavoravo da poco più di un anno.

Anche in questo caso, nonostante il mancato rinnovo del contratto, i rapporti tra me e la titolare dell’azienda sono rimasti ottimi.

A riprova che un lavoro fatto bene e con coscienza viene apprezzato pure quando il progetto per cui ti sei impegnato chiude o viene ridimensionato.

CONCLUSIONE

Tutto il tempo recuperato tramite questi cambiamenti, volontari e involontari, mi consente di dedicarmi a ciò che nel corso del 2022 ho scoperto essere una vera e propria passione totalizzante.

Ovvero, l’ecosistema delle startup.

Il primo approccio con questo mondo l’ho avuto a fine 2013.

Ma solo nell’ultimo anno ho capito che lavorare in questo ambito mi piace talmente tanto che non mi sembra nemmeno un lavoro bensì un gioco o un piacevole hobby.

La sensazione che sto vivendo in questi giorni la posso paragonare a quella che prova uno scrittore che ha appena finito di scrivere la prima parte del suo libro ed è in procinto di iniziare la seconda.

Ora mi trovo davanti a un numero imprecisato di pagine bianche da riempire con la storia della mia nuova vita professionale.

Non posso che ringraziare tutte le esperienze lavorative passate poiché ognuna di esse mi ha preparato per questo momento.

Quindi…

Benvenuto 2023!

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A questo punto, mio caro lettore, non mi resta che salutarti e darti appuntamento al prossimo post.

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E ricordati:

Sii indipendente, reinventati e fai la differenza!

Federico

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CHI SONO

Mi chiamo Federico Chigbuh Gasparini e sono un Business Designer Freelance.

La mia attività consiste, principalmente, nel progettare piani strategici aziendali e modelli di business che hanno come obiettivo quello di lanciare oppure rilanciare, attraverso un approccio “marketing first”, i Business dei miei clienti.